Separazione e Divorzio: La “Sorte” dei Figli

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“Kramer contro Kramer” non è solo un bellissimo film degli anni 80, ma anche uno spaccato drammatico della situazione dei figli contesi tra gli ex coniugi prima che venisse inaugurata la stagione dell’affido condiviso.

 La sorte della famiglia prima dell’affido condiviso

In Italia si è dovuta attendere la legge Paniz del 2006 perché padre e madre potessero vantare (almeno teoricamente) gli stessi diritti di accudimento, educazione, crescita, istruzione, vicinanza nei confronti della prole; affinché la figura paterna non fosse relegata a semplice “bancomat”, come era accaduto prima di allora in caso di conclusione del ciclo coniugale.

Percorso tutt’altro che semplice, dal momento che nella penisola si sono susseguite polemiche e divisioni a tutti i livelli.

Nel nostro Paese, infatti, più che in tutti gli altri, era radicata l’idea che, in caso di separazione o divorzio, l’interesse dei figli corrispondesse all’affidamento esclusivo alla madre.

Non è difficile comprenderne i motivi: fino agli anni ’70 le donne italiane erano quasi esclusivamente casalinghe, e questo consentiva loro di occuparsi a tempo pieno della prole.

Questa evidenza sociale è stata avvalorata non solo dalla politica ma anche dal mondo della psicologia e dalla giurisprudenza di legittimità, che non a caso hanno sostenuto a lungo che la vera figura genitoriale fosse quella materna, mentre il padre era relegato in assoluta subalternità rispetto ad essa.

E se pure già nel 1989 con la convenzione internazionale di New York e nel 1996 con quella di Strasburgo si fosse sottolineato come rientrasse tra i diritti del minore quello di preservare rapporti significativi e continui con entrambi i genitori, in Italia, come detto, si dovrà attendere ancora una decina d’anni perché la separazione non equivalga più ad una pena da espiare per il padre e ad una sorta di stimmate per i figli.

Superamento certamente formale, ma nei fatti?

Talvolta la questione riemerge: basti pensare ad una sentenza della Corte di Cassazione risalente appena al 2016, che si spera possa restare isolata, nella quale si è avallata la decisione di una madre di trasferirsi in un luogo molto lontano, impedendo di fatto la continuazione dei rapporti figli/padre, e causando uno sradicamento dei ragazzi dal proprio contesto, solo perché ancora vigente lo stereotipo (aberrante, anacronistico e deleterio per i minori) della superiorità genitoriale materna.

E, se pure non si arriva a questi eccessi, anche se l’affidamento condiviso oggigiorno rappresenta lo strumento adoperato nella stragrande maggioranza dei casi (mentre il ricorso a quello esclusivo è solo residuale), molto spesso l’istituto viene comunque snaturato allorquando ad esempio vengono compressi all’eccesso i tempi dedicati al rapporto figlio-genitore non collocatario.

Per fortuna ci sono anche testimonianze di segno opposto, come nel caso del Tribunale di Roma che con la sentenza n.18799/16 ha stabilito come una madre che aveva screditato l’ex marito agli occhi dei figli debba pagare una multa di 30 mila euro: il senso della decisione è che i genitori hanno il dovere di rispettare sempre il ruolo dell’ex (e non solo se si sia stati in passato sposati, ma anche “solo” conviventi). 

 L’incidenza delle perizie

Non solo pregiudizio residuo col quale fare i conti, ma anche disservizi e lungaggini: si pensi ai casi di condotte alienanti da parte delle figure genitoriali.

Non è raro trovarsi di fronte ad addetti ai lavori che negano o minimizzano tali condotte e i relativi disagi che finiscono inevitabilmente per segnare i figli (anche quelli nati fuori dal matrimonio o adottivi, che ne restano vittime allo stesso modo di quelli legittimi).

Dunque è indispensabile che il reato di alienazione genitoriale venga introdotto nel nostro codice penale, così come già accaduto in altri Paesi.

E altrettanto indispensabile è che sempre di più vengano svolte perizie psicologiche e psichiatriche che evidenzino tali condotte e che possano essere seguite da giuste e corrette azioni penali (che spesso e volentieri invece tardano ad arrivare, o non arrivano affatto, come nel caso del genitore che sporge denunce false contro l’altro e che non patisce, come dovrebbe, la perdita dell’affidamento dei figli o la decadenza della responsabilità genitoriale).

Questo a patto che ci si avvalga di consulenti dalla grande esperienza professionale ma anche dal notevole spessore umano, che sappiano porre al centro della loro capacità giudicante i diritti e gli interessi dei minori, e al tempo stesso tralasciare il loro genere di appartenenza o le proprie vicende personali.

Consulenti che sappiano attuare anche una lettura attenta della società odierna, nella quale sono aumentate le convivenze a differenza dei matrimoni, sono cambiati i ruoli genitoriali, si sono moltiplicate le famiglie allargate, sono state riconosciute le famiglie omosessuali.

Tutto questo non può non essere tenuto in considerazione, anche quando si tratta di affidamento dei figli, che necessiterà sempre più di provvedimenti ad hoc e contestualizzati.

Provvedimenti che tengano in debito conto anche le questioni finanziarie.

Risultare genitore collocatario, infatti, non porta solo ad una specie di supremazia emotiva sull’altro, ma anche di preminenza economica: innanzitutto perché ci si vede assegnata la dimora di famiglia (anche se non se n’è i proprietari), e poi per via dell’assegno di mantenimento per i figli e della corresponsione delle spese straordinarie.

Questo porta spesso il genitore non collocatario, nella maggior parte dei casi il padre, sull’orlo dell’indigenza.

Anche di ciò si dovrà tenere conto, perché è inutile stabilire un calendario delle visite se poi di fatto si è privato l’altro genitore di un luogo in cui accogliere i propri figli!!!

A proposito di calendario, la prassi prevede che il minore possa pernottare dall’altro genitore solo dopo il terzo compleanno (a meno che non ci siano particolari esigenze logistiche e organizzative, oppure entrambi i genitori siano d’accordo ad anticipare il termine al compimento dell’anno e mezzo).

Inoltre, al genitore non collocatario spetta trascorrere con la prole un w.e. ogni 15 giorni e 2 giorni infrasettimanali nella settimana in cui il w.e. spetta all’altro (sempre compatibilmente con gli impegni di tutti, figli in primis, e salvo accordi differenti).

Per le festività generalmente si procede in questo modo: soggiorno continuativo dal 24 dicembre al 31 gennaio con un genitore e dal primo al sei gennaio con l’altro, ad anni alterni.

Lo stesso dicasi per il periodo pasquale (che può comprendere i soli giorni di Pasqua e pasquetta, oppure l’intera settimana).

In estate, i giorni di vacanza possono essere quindici o trenta: entro fine maggio di ogni anno il genitore non collocatario deve comunicare formalmente all’altro il proprio piano ferie onde potersi accordare.

Sono invece abbastanza rari accordi che prevedono che i figli trascorrano il proprio compleanno o le festività condivise con entrambi i genitori.

È chiaro che misure del genere possono essere il frutto solo di una grande maturità delle figure adulte coinvolte in primis, e in secondo luogo di un buon lavoro di mediazione che abbia saputo disinnescare la conflittualità sempre esistente in caso di crisi coniugali.

E questo ci riporta nuovamente a quanto affermato in precedenza: richiedere una consulenza legale ad un avvocato specializzato in diritto di famiglia, che a sua volta collabori con altrettanti consulenti psicologhi, psichiatri, sociologici e medici di indubbio valore professionale e umano, può davvero rappresentare la chiave di volta.

Anche per impedire che alcune separazioni consensuali, alle quali magari si è giunti più per timore delle lungaggini e dei costi di un percorso giudiziale che non per una reale compartecipazione degli ex coniugi, si trasformino poi in quei fatti di cronaca che non di rado occupano le pagine dei giornali, magari perché gli accordi presi sono stati disattesi da una delle parti…