La protezione del marchio registrato

La registrazione del marchio è la via che principalmente, pur non essendo l’unica, garantisce una tutela normativa al marchio.

Tale tutela è definita anche ‘esclusiva industriale’, attraverso la quale solo il titolare del marchio registrato ha il diritto di goderne e disporne. Grazie a questa tutela, il titolare del marchio può impedire ad altri di utilizzare il segno registrato senza il suo consenso.

Sono presenti anche altre ‘esclusive industriali’, rappresentate rispettivamente dai brevetti (per invenzione o per modelli di utilità), dai modelli e dal diritto d’autore.

Per comprendere bene come il sistema normativo riconosca tutela al marchio, è necessario prima comprendere bene cosa sia il marchio di impresa e cosa siano i brevetti.

Nel presente articolo, verranno affrontate le seguenti tematiche:

·        Cosa è il marchio

·        ‘Distintività’ del marchio

·        Le differenze tra un marchio, un’insegna e una ditta

·        Le differenze tra la registrazione del marchio nazionale, europeo e internazionale

·        Diritti attribuiti dalla registrazione del marchio

·        Rimedi concessi al titolare a seguito della registrazione del marchio

·        In cosa consiste la registrazione e per quanto tempo il marchio gode della relativa tutela

·        Condizioni e requisiti di registrazione

·        Altri requisiti di validità di registrazione del marchio

·        L’iter di registrazione del marchio

·        Registrazione del marchio online

·        Costi di registrazione

·        Azioni a tutela del marchio

·        Marchio internazionale

·        Costi di registrazione del marchio internazionale

·        Costi di registrazione del marchio internazionale su base europea

·        Problemi circa le agevolazioni alle start-up e pubbliche/medie imprese innovative

·        Il marchio di fatto e la non necessaria registrazione in quel caso

·        Prova del marchio di fatto

·        Tutela di cui gode il marchio di fatto privo di registrazione

 

Cosa è il marchio

 

Per il titolare di un’impresa, il marchio è l’elemento distintivo della propria attività imprenditoriale, il quale aiuta i consumatori di riferimento a riconoscere i prodotti e/o i servizi venduti mediante l’esercizio dell’attività di impresa. Inoltre, il marchio è un bene aziendale e, come tutti i beni di un’azienda, gode di un valore economico. Spesso, infatti, molti sono gli investimenti che hanno ad oggetto il marchio, al fine di garantire allo stesso una certa risonanza e affermazione nel mercato. La disciplina normativa riguardante i marchi registrati in Italia o nell’Unione Europea è quella relativa al settore della proprietà industriale.

Come apprendiamo da https://www.registrareunmarchio.it/, la registrazione del marchio riconosce e attribuisce al suo titolare l’esclusiva proprietà industriale dello stesso: solo lui potrà utilizzarlo e disporne.

 

‘Distintività’ del marchio

 

L’art. 7 della proprietà industriale contiene la norma cardine sulla definizione del marchio, inteso come il ‘segno’ che ha la capacità di distinguere i prodotti e/o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese già operanti nel mercato.

Con la parola ‘segno’, l’art. 7 cpi si riferisce a una parola, a un disegno, a suoni, lettere, colori, cifre, confezioni di prodotti, forme dei prodotti o addirittura a questi segni combinati tra loro.

Il marchio distintivo può essere oggetto di registrazione e ottenere la tutela (di cui sopra), secondo le norme sulla proprietà industriale, consentendo al titolare (e solo a lui) di impedire a terzi soggetti l’uso del suo marchio, senza la sua autorizzazione.

Le differenze tra un marchio, un’insegna e una ditta

 

Comunemente, si cade nell’errore di pensare che il marchio, l’impresa e la ditta siano la stessa cosa. In realtà, da un punto di vista giuridico, c’è una distinzione tra gli stessi, non sempre evidente. Questi tre elementi hanno però in comune l’essere i tipici ‘segni’ che l’imprenditore utilizza per distinguerli da quelli di altre imprese.

L’insegna consiste in un preciso bene aziendale (che non si riferisce all’azienda né all’imprenditore), cioè quel bene (per esempio un locale commerciale) presso cui il prodotto viene posto in commercio o utilizzato come strumento per commercializzare il prodotto (Cass., sentenza n. 8034/2000).

La disciplina normativa applicabile all’insegna, a norma dell’art. 2058 del Codice Civile, è la stessa che viene applicata alla ditta. Dunque, un’insegna non deve poter essere confusa con un’insegna già esistente.

Con la ditta, invece, ci si riferisce al nome commerciale dell’impresa e del titolare della stessa. L’imprenditore, a norma dell’art. 2563 del Codice Civile, gode del diritto esclusivo di disporne. È necessario, per l’iscrizione nel registro delle imprese, che la ditta comprenda il nome o sigla del titolare della stessa (certamente, però, la disciplina normativa del nome della persona fisica dell’imprenditore è diversa da quella della ditta).  Inoltre, l’art. 2564 del Codice Civile prevede che, qualora la ditta sia identica o simile a una parola già utilizzata da un diverso imprenditore, essa abbisogna di modifiche o integrazioni per evitare la confusione dalle stesse generata: la priorità, in questo caso, andrà attribuita alla ditta che sia stata iscritta nel registro delle imprese in data anteriore.

In conclusione, il marchio distingue l’impresa e l’imprenditore, solo ed esclusivamente in relazione ai prodotti e/o servizi forniti nell’esercizio dell’attività d’impresa, dall’unico titolare (o da più titolari, nell’ipotesi in cui trattasi di marchi collettivi).

Si immagini, ad esempio, la Società Beta S.r.l., gestore di due negozi di abbigliamento: ‘X’ e ‘Y’. Tutti e due i negozi vendono l’abito con il nome ‘Alfa’. La società Beta S.r.l. rappresenta la ditta, ‘X’ e ‘Y’ rappresentano le insegne, ‘Alfa’ rappresenta il marchio.

I suddetti elementi vengono definiti segni distintivi tipici, a fianco dei quali si pongono i c.d. segni distintivi atipici, non oggetto di apposita disciplina normativa, ma distintivi ugualmente dell’attività svolta dall’imprenditore. Due esempi possono essere riconosciuti nel ‘nome a dominio’ (sito Internet) e nello slogan.

 

Le differenze tra la registrazione del marchio nazionale, europeo e internazionale

 

È importante fare una prima distinzione tra un marchio registrato e un marchio che non sia stato registrato: ovvero, il marchio di fatto.

Ambedue le ipotesi riguardano casi di vera e propria tutela del marchio, con l’unica eccezione che il marchio registrato viene tutelato maggiormente.

Invece, il marchio che non sia stato registrato gode di una minor tutela: solo in presenza delle condizioni di preuso e di una certa notorietà (argomenti che verranno successivamente affrontati).

C’è ancora una differenza tra i marchi italiani (per i quali la competenza spetta all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) e quelli registrati nel territorio dell’Unione Europea (la cui competenza spetta, invece, all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale). La distinzione suddetta è basata sul territorio nel quale il marchio gode di tutela a seguito della sua registrazione: il marchio italiano gode di tutela solo all’interno del territorio nazionale; il marchio europeo gode di tutela all’interno di tutto il territorio dell’Unione Europea.

I marchi dell’Unione Europea non vanno, però, confusi con i marchi collettivi, i quali si riferiscono ai prodotti e/o servizi forniti da più imprese (secondo il disposto dell’art. 11 del Codice della proprietà industriale italiano, ovvero della legislazione sui marchi).

I titolari di un marchio italiano o di un marchio depositato nel territorio europeo possono estenderne la tutela a livello extra-UE, con la registrazione del marchio internazionale.

Si pensi, ad esempio, a un imprenditore che abbia intenzione di ottenere la registrazione di un marchio solo nel territorio italiano, in Canada e in Cina. Lo stesso imprenditore avrà due possibili strade da percorrere. In un caso potrà rivolgersi ai singoli uffici nazionali di questi Stati e richiedere la registrazione del marchio all’interno di ciascuno degli stessi oppure potrà decidere alternativamente di depositare una sola domanda per la registrazione del marchio internazionale rivolta alla WIPO (Organizzazione Mondiale della Proprietà Industriale di Ginevra), mediante l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

Sono individuabili diverse tipologie di marchio anche sulla base del tipo di ‘segno’ in questione. In tale ottica, si distingue tra marchio figurativo (che consiste in una figura o in un logo), marchio denominativo o verbale (privo di elementi grafici), marchi misto che comprende sia la figura che gli elementi denominativi. Si può inoltre avere anche un marchio sonoro (consistente nella combinazione di suoni).

 

Diritti attribuiti dalla registrazione del marchio

 

La protezione che consegue alla registrazione di un marchio riguarda il diritto di disporne esclusivamente. In linea generale, come recita l’art. 2659 del Codice Civile ’’Chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi ha diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato’’.

Un diritto molto importante che viene conferito al titolare di un marchio è quello previsto dall’art. 20 del Codice Italiano della Proprietà Industriale: si tratta del diritto del titolare del marchio di vietare a terzi, nell’esercizio della loro attività imprenditoriale, l’utilizzo di un marchio identico al suo per prodotti e/o servizi:

  1. Che siano identici a quelli per i quali egli abbia chiesto e ottenuto la registrazione;
  2. Che siano identici o affini, quando potrebbe determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che possa consistere anche nel rischio di associazione tra i due segni;
  3. Che siano identici, affini oppure non affini, quando il marchio goda di rinomanza nello stato e quando l’uso del segno, anche per fini differenti rispetto a quello di contraddistinguere i prodotti e/o i servizi, senza un giusto motivo possa garantire ad altri di avvantaggiarsi della sua distintività o rinomanza oppure quando gli rechi pregiudizio (ex art. 12 del Codice Italiano della Proprietà Industriale).

Inoltre, il principio di unitarietà dei segni distintivi, come previsto dall’art. 22 del Codice Italiano della Proprietà Industriale, garantisce l’estensione della tutela del marchio alla ditta, alla ragione/ denominazione sociale, nonché all’insegna e ai ‘domain names’ che possano essere ricondotti al titolare del marchio d’impresa.

La tutela di cui godono i marchi registrati, riguarda anche le ipotesi di contraffazione degli stessi, sia dal punto di vista civile (art. 124 del Codice Italiano della Proprietà Industriale) che dal punto di vista penale (artt. 473 del Codice Penale e 127 del Codice Italiano della Proprietà Industriale).

 

Rimedi concessi al titolare a seguito della registrazione del marchio

 

Una volta ottenuta la registrazione del marchio, il titolare dello stesso (diventatone ormai l’esclusivo proprietario), a norma dell’art. 20 del Codice della Proprietà Industriale, può vietare agli altri di:

  • Utilizzare il proprio marchio sui prodotti o sulle confezioni degli stessi;
  • Fornire i prodotti e/o servizi per i quali il marchio è stato registrato, commercializzarli o averne la detenzione per tali scopi;
  • Esercitare attività di import-export dei suddetti prodotti;
  • Usare il segno distintivo nella comunicazione commerciale, nelle corrispondenze o nella pubblicità;
  • Utilizzare il marchio su tutto ciò che riguarda e contiene i prodotti (ad esempio, su imballaggi, confezioni, etichette) oppure proporre l’immissione sul mercato, la detenzione per tali scopi, l’importazione o l’esportazione di tali prodotti con il marchio su apposto, quando ci sia la possibilità e il rischio che essi possano essere oggetto di utilizzo in attività che rappresentino una violazione dei diritti del titolare del marchio d’impresa;
  • Far accedere in Italia, nel commercio, prodotti non ammessi nel mercato, i quali provengano da Paesi extra-UE e qualora sugli stessi sia apposto un segno identico o simile al marchio, nel caso in cui tali prodotti siano coperti dalla tutela dello stesso, eccetto l’ipotesi in cui, nell’iter per la determinazione della violazione del marchio, chi lo sta utilizzando provi che il titolare del marchio non possa (non avendone il diritto) impedire ad altri di commercializzare dei prodotti nel Paese a cui sono destinati;

 

In conclusione, nel caso in cui si tratti di un marchio che, per il modo in cui viene riprodotto nei dizionari, nelle enciclopedie o in analoghe opere di consultazione in formato cartaceo o elettronico, sembra costituire un nome generico dei prodotti e/o servizi per i quali è stata richiesta la registrazione, il titolare del marchio può provvedere affinché si indichi tempestivamente (ma anche nell’edizione successiva, nell’ipotesi di opere in formato cartaceo), insieme alla riproduzione del marchio, che trattasi di un marchio generico.

Particolarmente rilevante diventa poi porre l’attenzione sull’utilizzo di un marchio appartenente a un produttore, da parte di chi commercializza i suoi prodotti. Il commerciante potrà apporre il suo marchio ai prodotti che vende, purché non elimini il segno distintivo del produttore o di chiunque gli abbia fornito i prodotti.

 

In cosa consiste la registrazione e per quanto tempo il marchio gode della relativa tutela

 

La registrazione di un marchio è lo strumento attraverso il quale si acquistano i diritti di proprietà industriale.

Tale registrazione può riguardare diverse tipologie di classi merceologiche, le quali consistono in insiemi suddivisi per prodotti e/o servizi ai quali il marchio fa riferimento.

Esistono attualmente 45 classi merceologiche, tra le quali si possono distinguere 34 classi di prodotti e 10 di servizi. Per fare un esempio, la classe 25 comprende gli articoli di abbigliamento, la classe 09 i software e i dispositivi elettronici, la classe 35 i servizi di marketing e di vendita.

Si può certamente richiedere che un marchio venga registrato per prodotti/servizi appartenenti a differenti classi.

Per quanto attiene alla durata della protezione garantita dalla registrazione di un marchio, essa dura dieci anni. In tutti questi anni il marchio è considerato un bene di proprietà industriale del titolare dell’impresa. Al termine di questi dieci anni, è possibile rinnovare la registrazione del marchio italiano o registrato nell’Unione Europea.

Diversamente, quando il marchio non viene rinnovato, esso si estingue e i diritti allo stesso riconducibili vengono persi.

Un’altra causa, diversa dal mancato rinnovo, che conduce all’estinzione del marchio consiste nella decadenza, così come previsto dal disposto dell’art. 26 del Codice della Proprietà Industriale. La norma prevede tre ipotesi di decadenza del marchio:

  1. Quando il marchio non viene utilizzato per almeno cinque anni consecutivi (secondo l’art. 24 del Codice della Proprietà Industriale)
  2. Quando il marchio diviene di uso comune, cioè viene volgarizzato, perdendo la sua distintività (si prenda come esempio il caso del marchio ‘BIC’, decaduto a seguito del significato che ha ormai assunto in qualità di penna a sfera)
  3. Nel caso della sopravvenuta illiceità dello stesso

 

Il marchio, inoltre, si estingue nel caso in cui il suo titolare vi rinunci.

 

Requisiti e condizioni di validità per la registrazione

 

I marchi, per poter ottenere la registrazione, devono possedere alcuni requisiti.

Innanzitutto, oggetto della registrazione (ai sensi dell’art. 7 del Codice della Proprietà Industriale) deve trattarsi di un segno che sia atto a distinguere i prodotti e/o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese e che possa essere rappresentato in modo da consentire di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare.

Altre condizioni sono previste dall’art. 8 del Codice della Proprietà Industriale per i ritratti di persone, i nomi di persona e i segni che siano utilizzati in ambito artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le immagini che riproducono trofei, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi (si tratta di determinate tipologie di marchi).

Il marchio deve, inoltre, contenere tutti i requisiti (distintività, originalità, verità, novità e liceità) previsti dagli artt. 12, 13 e 14 del Codice della Proprietà Industriale).

 

Altri requisiti di validità per la registrazione del marchio

 

È importante che il marchio d’impresa presenti il requisito della novità, cioè bisogna che non sia ritenuto confondibile con un marchio identico o simile, già registrato per prodotti e/o servizi identici o simili. Inoltre, come si leggerà nel prosieguo, il marchio viene considerato nuovo nell’ipotesi di preuso dello stesso, laddove non si tratti di un marchio notorio e neppure di un marchio scaduto da almeno due anni, anche se precedentemente registrato. Si può accertare che un marchio sia nuovo effettuando la c.d. ricerca di anteriorità.

Un marchio è distintivo, ai sensi dell’art. 13 del Codice della Proprietà Industriale, quando permette ai consumatori di riferimento di ricondurre lo stesso al suo titolare. Il disposto di cui all’art. 13 suddetto impedisce la registrazione per quei marchi che ’’consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio’’ e dei marchi ’’costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono’’.

Dunque, il marchio distintivo viene considerato originale dal momento in cui il prodotto e/o servizio al quale si riferisce possa essere facilmente distinto da altri segni già utilizzati nel commercio.

Riguardo all’originalità, si è soliti fare una distinzione tra marchi c.d. forti e quelli c.d. deboli (differenza valida anche nell’ipotesi di marchi non registrati o di marchi di fatto). In particolare, è debole quel marchio che rimandi a caratteristiche dei prodotti e/o servizi (es. Pizzeria Romana, nel settore della ristorazione). Al contrario, si considera forte un marchio che non abbia un collegamento con gli elementi tipici del prodotto/servizio (es. il marchio ‘Apple’, nel settore dei telefoni).

Inoltre, non possono essere considerati distintivi, dunque originali, neppure quei marchi che non sono deboli, bensì che si riferiscono solo a delle caratteristiche essenziali del prodotto/servizio o, addirittura, al loro generico nome (es. macchina).

Un marchio viene inoltre considerato lecito (altro requisito richiesto ai sensi dell’art. 14 del Codice della Proprietà Industriale), quando non sia contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.

Vengono ulteriormente considerati illeciti i marchi riconducibili alle c.d. DOP (denominazioni d’origine protetta) e alle c.d. IGP (indicazioni geografiche protette), nonché alle specialità garantite tradizionali o alla protezione delle parole utilizzate tradizionalmente per indicare i vini.

Un imprescindibile requisito di registrabilità del marchio è rappresentato dalla ‘verità’, che richiede che i marchi non debbano ingannare il pubblico circa la provenienza del prodotto/servizio o circa la sua natura.

L’iter di registrazione del marchio

 

Come si è già detto, esistono diverse tipologie di marchi sulla base del territorio scelto per la registrazione: marchio nazionale e marchio dell’Unione Europea.

Inoltre, si può anche ottenere la registrazione di un marchio internazionale (per il quale si troveranno di seguito approfondimenti specifici).

L’iter di registrazione di un marchio d’impresa e i relativi costi variano a seconda del territorio in cui si intende richiedere la registrazione.

Nel territorio nazionale, l’Ufficio competente a concedere i marchi è l’UIBM- Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, (istituito presso la Camera di Commercio. Si tratta, in particolare, dell’Ufficio Provinciale Industria Commercio e Artigianato).

Nel territorio dell’Unione Europea, invece, la relativa competenza spetta all’EUIPO- Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale che ha sede ad Alicante, in Spagna.

Legittimato a presentare la domanda di registrazione del marchio è il titolare dello stesso o un suo rappresentante/mandatario (si tratta di un avvocato o di un consulente professionisti che siano iscritti all’Albo dei Consulenti Marchi, a norma del D.M. 34/1995).

È necessario allegare alla domanda il file rappresentativo del marchio (a colori o in bianco e nero) e, quando necessario, la lettera d’incarico dei mandatari.

Nella fase successiva al deposito della domanda di registrazione, è necessario- compilando l’apposito modulo F24- procedere al pagamento della tassa di concessione governativa.

È solo la data del pagamento di tale tassa a determinare l’effettiva data di deposito del marchio.

Successivamente, l’Ufficio competente esaminerà che non sussistano impedimenti formali (quindi, che le tasse siano state pagate e che ci siano tutte le informazioni e i documenti necessari a procedere) e tecnici (requisiti di validità giuridici).

La fase istruttoria termine al momento del rifiuto della domanda o quando la domanda viene pubblicata nel bollettino, al fine di consentire a terzi di impedirne la registrazione tramite l’opposizione del marchio, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della domanda stessa.

In assenza di opposizioni (o nell’ipotesi di rigetto delle stesse) si otterrà il documento che attesta la registrazione.

Registrazione del marchio online

 

Il marchio può essere registrato online qualora si disponga del dispositivo per la firma digitale. L’iter di registrazione del marchio online avviene utilizzando la piattaforma del MISE- Ministero dello Sviluppo Economico (non, dunque, attraverso la Camera di Commercio).

Per la registrazione online, attraverso la compilazione della relativa domanda in modalità telematica, è necessario innanzitutto acquistare una marca da bollo da Euro 42 e munirsi di un file contenente l’esemplare del marchio.

Successivamente, bisogna accedere al sito www.servizionline.uibm.gov.it ed effettuare la registrazione ai servizi online del MISE.

Durante l’iter di registrazione, sarà necessario (come richiesto direttamente dal sistema) inserire la data di emissione e il numero di serie della marca da bollo di cui ci si è precedentemente muniti.

Attraverso il procedimento online è possibile alternativa di acquistare la marca telematicamente.

Quando la domanda è stata inviata, si potranno pagare le tasse, compilando il modello F24, ricevuto via mail.

 

Costi di registrazione

 

Ci sono diversi fattori dai quali dipendono i costi di registrazione di un marchio.

Bisogna innanzitutto capire se il titolare dell’impresa decida, o meno, di affidarsi a esperti di grafica e strategie di comunicazione, al fine di elaborare il marchio (es. agenzie di comunicazione, grafici, professionisti che si occupano di servizi pubblicitari).

Inoltre, non è detto che il titolare del marchio voglia consultare i professionisti del settore (avvocati, consulenti…) per effettuare la registrazione.

Ovviamente, nei casi suddetti bisogna calcolare, oltre alle spese sempre necessarie di registrazione del marchio, anche i dovuti compensi professionali.

Le spese obbligate per la registrazione del marchio riguardano tasse e imposte (necessarie solo in fase di registrazione), le quali variano a seconda del territorio in cui si vuole ottenere la registrazione e a seconda delle classi merceologiche per le quali essa viene richiesta.

Per la tassa di concessione governativa sono necessari 177 euro. Se si intende aggiungere classi ulteriori bisognerà considerare un costo di Euro 34 per ciascuna classe aggiuntiva (laddove si tratti di un marchio utilizzato in più settori merceologici).

Inoltre, per depositare la domanda di registrazione è necessario il previo pagamento della marca da bollo di Euro 16 e di una marca di Euro 43 per i diritti di segreteria.

Se della domanda di registrazione si voglia ottenere una copia autentica bisognerà sommare una spesa di Euro 16 (ogni quattro facce della copia) per la marca per diritti di copia.

Nell’ipotesi in cui ci si avvalga di un rappresentante/mandatario è necessario apporre sulla relativa lettera d’incarico una marca da bollo di Euro 16 e affrontare una spesa di Euro 34 per il pagamento della tassa.

Soggetti esonerati dal pagamento delle tasse sono: le onlus, le associazioni e società sportive dilettantistiche, gli organismi di volontariato e le cooperative sociali.

Onlus, cooperative sociali e organismi di volontariato sono esonerati ulteriormente dalla necessità di pagare l’imposta di bollo.

 

Azioni a tutela del marchio

 

Per proteggere il marchio, la legislazione sulla proprietà industriale (artt. 117 e seguenti del Codice di Proprietà Industriale) prevede la possibilità di esercitare azioni giudiziarie per garantire l’esclusivo diritto di uso del marchio d’impresa.

Di solito, tali azioni hanno natura preventivo-cautelare e vengono esercitate anche in assenza di una prova certa, quando ci sia il c.d. fumus, cioè un indizio che il marchio sia stato violato e che si possa temere un danno da una condotta reiterata nel tempo (c.d. periculum).

Ci sono, poi, le c.d. azioni di merito, intentate a seguito di un comportamento lesivo della controparte e volte a condannarla all’inibitoria, a punirne gli atti di concorrenza sleale, a condannarla al risarcimento dei danni, alla restituzione degli utili o alla distribuzione di beni contraffatti (secondo le previsioni di cui agli artt. 2599 e 2600 del Codice Civile).

Il marchio viene infine protetto mediante il processo penale, nelle ipotesi di condotte penalmente rilevanti: ipotesi di contraffazione del marchio.

 

Marchio internazionale

 

Con il marchio internazionale si intende proteggere il marchio all’interno degli Stati selezionati nella domanda di registrazione, riducendo ad unum i molteplici iter di registrazione.

Questo tipo di procedimento è previsto solo per i marchi registrati italiano o europei.

Nell’ipotesi in cui i Paesi (extra-UE) di interesse non abbiano aderito al Protocollo di Madrid e all’accordo di Madrid (accordi internazionali), non sarà possibile richiedere la tutela garantita dal marchio internazionale. Sarà bensì necessario depositare il marchio in ciascuno Stato di interesse.

Inoltre, per registrare il marchio internazionale è necessario aver prima registrato il marchio in Italia o nell’Unione Europea (bisogna possedere il c.d. marchio di base).

Nel caso in cui il marchio c.d. di base venga cancellato nei primi cinque anni successivi alla registrazione dello stesso, ne risentirà anche il marchio internazionale (perdendo la sua validità).

Se viene richiesta la registrazione internazionale entro sei mesi dalla registrazione del marchio di base, sarà possibile chiedere che gli effetti della registrazione del marchio internazionale retroagiscano alla data di deposito del marchio di base.

La presentazione di una domanda di marchio internazionale viene effettuata di fronte all’Ufficio competente per il marchio di base (cioè, all’Ufficio d’origine). Si tratterà dell’UIBM, nell’ipotesi di marchio italiano e dell’EUIPO, nell’ipotesi di marchio europeo. Nell’ultimo caso, i costi per registrare il marchio internazionale saranno maggiori.

A seguito di un suo formale esame, la domanda viene trasmessa all’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO), tramite l’Ufficio competente per il marchio di base. La WIPO notificherà, poi, la relativa domanda agli Uffici degli Stati ivi selezionati.

Questi ultimi avranno diciotto mesi di tempo per rigettare la domanda di registrazione del marchio, totalmente o parzialmente. In caso di rigetto, ci sarà un procedimento nel Paese/Paesi che abbiano deciso per il suddetto rigetto.

In caso di accoglimento della domanda, invece, il marchio registrato godrà di una tutela prolungata per dieci anni.

 

Costi di registrazione del marchio internazionale

 

Di seguito, si riportano i costi di registrazione del marchio internazionale presso l’UIBM e la Camera di Commercio:

  • Euro 16 per la marca da bollo che bisogna allegare alla domanda
  • Euro 135 di tasse a favore dell’UIBM
  • Tasse internazionali a favore della WIPO (solo ove non si abbia un conto corrente ivi aperto), il cui calcolo potrà essere effettuato tramite il sito https://madrid.wipo.int/feecalcapp/
  • Per i diritti di segreteria: Euro 40
  • Per la copia autentica del verbale di deposito: Euro 16

 

Nell’ipotesi di inoltro della domanda da parte di un professionista a ciò incaricato (avvocati, consulenti…), i costi saranno i seguenti:

  • Compensi dovuti al professionista
  • Per la lettera di incarico: Euro 34 aggiuntivi rispetto alle tasse
  • Per il bollo: Euro 16 per la marca da bollo che bisogna apporre sul documento di incarico (lettera o mandato)

Da quanto detto, è evidente che i costi per la registrazione del marchio variano molto in base agli Stati (e alle differenti tasse dagli stessi imposte).

 

Costi di registrazione del marchio internazionale su base europea

 

Sono maggiori i costi per la registrazione del marchio internazionale presso l’Ufficio dell’Unione Europea (EUIPO), dal momento che maggiori sono i costi (di per sé) per registrare i marchi nel territorio europeo, rispetto a quelli previsti per i marchi italiani.

Inoltre, i marchi europei godono di una tutela maggiormente estesa.

Problemi circa le agevolazioni alle start-up e pubbliche/medie imprese innovative

 

Nel nostro ordinamento è stato introdotto un sistema che prevede agevolazioni a favore di start-up innovative (vedi D.L. n. 179/2012, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221).

Allo stesso modo, è stato introdotto il D.L. n. 3/2015 che favorisce le pmi innovative, consentendogli di beneficiare di alcune agevolazioni.

In ambedue le ipotesi, essere titolari di un diritto di esclusiva industriale rientra tra le condizioni richieste per l’accesso ai suddetti vantaggi.

Come è stato già accennato nel presente articolo, l’art. 2 del Codice della Proprietà Industriale prevede che ’’I diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice’’.

Infatti, è con la registrazione che il titolare di un marchio d’impresa acquisisce il diritto di esclusiva (o c.d. privativa).

Si è discusso, però, sulla possibilità che il marchio registrato rientri tra quei diritti di esclusiva industriale che attribuiscono innovatività alle start-up e alle pmi.

Questa possibilità è stata esclusa dal Ministero dello Sviluppo Economico (con circolare del 14/09/2015).

Nonostante infatti gli artt. 25 del d.l. 179/2012 e 4 del d.l. 3/2015 si riferiscano, rispettivamente e in modo generico, all’esclusiva titolarità di un diritto di proprietà industriale che attenga direttamente all’oggetto sociale, deve comunque trattarsi di un diritto riferibile a ’’un’invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale’’ oppure a ’’un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore’’.

 

Il marchio di fatto e la non necessaria registrazione in quel caso

 

Esistono ulteriori mezzi, distinti dalla registrazione, per tutelare il marchio. Registrare il marchio, infatti, non è necessario nell’ipotesi del marchio c.d. di fatto.

Nell’ipotesi in cui non siano presenti i requisiti per la registrazione o nel caso in cui l’imprenditore non intenda effettuare la registrazione, i segni originali che si distinguono dal marchio registrato (come nell’ipotesi di segreti commerciali, di denominazione di origine, di indicazioni geografiche) vengono ugualmente protetti, al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 2 del Codice della Proprietà Industriale.

Si tratta di una situazione di fatto, caratterizzata dall’utilizzo del marchio da parte del titolare dell’impresa, nonostante quest’ultimo non risulti esserne formalmente il titolare.

La tutela accordata al marchio, in questo caso, viene definita ‘debole’; infatti, la stessa viene riconosciuta solo in presenza di determinate condizioni:

  • Che vi sia un ‘preuso’ del marchio, cioè un uso dello stesso che preceda la data di deposito della domanda di registrazione del marchio. Inoltre, deve trattarsi (a pena di decadenza) di un uso effettivo, notorio e senza interruzioni. Inoltre, chi abbia ‘preusato’ il marchio che sia noto a livello locale ‘ha diritto di continuare nell’uso del marchio, anche ai fini della pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del marchio stesso’, così come stabilisce l’art. 12 del Codice della Proprietà Industriale.
  • Che si tratti di un marchio effettivamente utilizzato (‘preusato’) per cinque anni consecutivi e ininterrotti, secondo l’art. 24 del Codice della Proprietà Industriale. Viene definita ‘trademark trolling’ quella prassi consistente nel far valere l’esistenza di un marchio di fatto, e i diritti ad esso connessi, senza che lo stesso sia mai stato utilizzato.
  • Che si tratti di un preuso originale e distintivo, che non ingeneri dunque nel pubblico di riferimento un link mentale marchio-prodotto.
  • Che il preuso importi notorietà a livello generale o locale (in quest’ultimo casa la notorietà è rivolta a un pubblico di riferimento ridotto), come stabilisce l’art. 12 del Codice della Proprietà Industriale: ’’segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini’’. È anche detto ‘noto’ quel marchio che il pubblico riconosce come risonante, anche perché lo stesso è stato ampiamento promosso e pubblicizzato.

Prova del marchio di fatto

 

Ai marchi registrati e a quelli di fatto viene riconosciuta una tutela diversa che dipende dall’esistenza, negli stessi, del requisito della notorietà. Se il marchio è stato registrato essa si acquista direttamente dal deposito del marchio all’interno di pubblici registri (dunque, diventa facilmente dimostrabile attraverso l’esibizione dell’attestato di registrazione del marchio).

Se il marchio non è stato registrato, invece, grava un pesante onere della prova sul suo titolare, in relazione al preuso del marchio stesso, dimostrabile, ad esempio, attraverso l’uso dello dello stesso nelle fatture contabili (o in quelle non contabili, come ad esempio nel caso delle missive) inerenti all’attività aziendale. Bisognerà, inoltre, dimostrare la notorietà, attraverso la prova degli investimenti pubblicitari effettuati per la promozione del marchio.

Tutela di cui gode il marchio di fatto privo di registrazione

 

La norma di riferimento del marchio di fatto è, innanzitutto, l’art. 2571 del Codice Civile, che recita che ’’Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso’’.

Il preuso del marchio di fatto, inoltre, ai sensi dell’art. 12 del Codice di Proprietà Industriale, paralizza l’intenzione degli altri imprenditori di registrare un marchio identico o simile.

La protezione del marchio di fatto si estende a ipotesi di concorrenza sleale (vedi l’art. 2598 del Codice Civile).

Inoltre, grazie al principio di unitarietà dei marchi distintivi, secondo quanto dispone l’art. 22 del Codice della Proprietà Industriale, la tutela del marchio di fatto tutela si estende anche alla ditta, alla denominazione/ragione sociale, al nome a dominio e all’insegna direttamente riconducibili al titolare del marchio.

I vantaggi offerti dal marchio di fatto riguardano, dunque, il risparmio dei costi e dei tempi di registrazione.

Gli svantaggi, però, possono derivare dall’esposizione dell’imprenditore ad un inferiore livello di competitività e alla possibilità che il marchio venga utilizzato in territori diversi da quello in cui l’imprenditore lo utilizza (in particolare, all’estero).